Su Facebook, un amico sacerdote mi tagga in un post in cui si parla di trading online e guadagni facili. Un’azione insolita per un sacerdote, e che – forte della credibilità della persona – potrebbe avere molto seguito fra i suoi “amici” e “followers”. Lo contatto e mi dice: «Non ne so nulla».
Più che un problema etico è forse l’ennesimo allarme sicurezza della piattaforma sociale più grande del mondo. Ma dove finisce la responsabilità di facebook e comincia la nostra?
Lungi dall’essere diffidenti dai nostri amici, è comunque bene essere sempre molto lucidi e guidati da tanto buon senso, specie online.
Facebook: Una storia di successo
In principio si chiamava FaceMash e permetteva di vedere le foto dei propri compagni di università e votare la foto preferita all’interno di una selezione casuale. Era il 2003 quando lo studente di Harvard, tornato deluso dall’appuntamento con una ragazza, progetta l’avo più antico di Facebook.
Il successo è immediato e nel 2007 nasce theFacebook, pensato sul modello degli annuari dei college americani. In Italia, nel 2008, gli iscritti sono già quasi un milione e mezzo.
Nel 2010 il valore di Facebook tocca i 50 miliardi di dollari, nel 2011 viene quotata a Wall Street, la bora americana.
Facebook e la sicurezza.
La storia di facebook non è solo la favola di uno studente universitario capace e geniale. È anche la storia di vari scandali. Così, se il progetto FaceMesh viene interrotto è perché Zuckemberg, per reperire foto e informazioni degli iscritti all’ateneo aveva violato i server della università di Harvard e il traffico generato dal suo progetto manda ne genera il collasso.
Questo da una parte gli causa una sospensione dall’università di 6 mesi. Dall’altra lo convince della bontà del progetto.
Facebook tra violazioni e leggerezze
Oggi che facebook ha raggiunto la ragguardevole cifra di oltre 2 miliardi di iscritti, gli occhi di molti sono puntati sull’azienda e più ancora sui dati che questa riesce a raccogliere volontariamente dai propri utenti.
Perché nell’era della informazione, i dati personali sono una vera e propria miniera d’oro. La vera moneta di scambio per tanti operatori del web perché permettono, ad esempio, di offrire campagne pubblicitarie mirate su specifici target di utenti, producendo così un incredibile aumento dei possibili ritorni di investimento.
Nel 2018 il caso Cambridge Analytics ha mostrato come sia necessario mantenere i protocolli di sicurezza sempre ai livelli più alti. Nello stesso anno il giornalista Brian Krebs denuncia sul proprio blog che centinaia di migliaia di password degli utenti della piattaforma sociale più diffusa al mondo erano state salvate in chiaro.
Per questo Zuckemberg è stato chiamato a comparire davanti al Congresso USA (aprile 2018) e davanti al Parlamento Europeo (maggio 2018) per illustrare le debolezze riscontrate e i rimedi posti in essere dall’azienda.
Quando il nemico è in casa
La verità, però, è che il primo responsabile della sicurezza dei nostri account (di facebook, di posta e di altri servizi di uso quotidiano) siamo proprio noi e spesso rischiamo di metterli a rischio con azioni non proprio oculate.
Misure di sicurezza alla portata di tutti
Misure di sicurezza alla portata di tutti sono:
- Premere il pulsante ESCI quando finiamo di usare un servizio online. Non basta premere la crocetta e chiudere il browser. Se non si svuota la memoria cache, infatti, sarà sufficiente riaprire il browser e digitare l’indirizzo del servizio per trovarsi all’interno del profilo senza necessità di reinserire la password.
- Proteggere le nostre reti wifi con password complesse per evitare che altri possano accedervi e cercare di carpire dati sensibili.
- Cambiare regolarmente le password dei nostri servizi più importanti (posta elettronica, facebook, twitter, ecc.). Possibilmente evitiamo parole e date di senso compiuto e preferiamo sequenze di caratteri alfanumerici (magari anche segni di punteggiatura) per renderle più difficile da ricordare, da indovinare o da calcolare.
Molto più si può fare ai fini della sicurezza dei propri account, tuttavia se si mettessero in atto almeno queste piccole accortezze, già si sarebbe un passo avanti. Perché ne sono certo, nessuno vorrebbe vedere la propria immagine sfruttata e la propria reputazione compromessa da un oscuro signore che si serve del nostro profilo senza che ne abbiamo avvertenza…