Da quando il Presidente Sergio Mattarella è arrivato alla fine del suo settennato e il presidente della Camera Fico ha annunciato per il 24 gennaio l’inizio delle votazioni, la domanda che tutti si fanno (dentro e fuori i patrii confini) è sempre la stessa: “Chi sarà il 13° Presidente della Reupbblica Italiana?
Poche idee e ben confuse…
A ben vedere le forze politiche non sembrano avere idee chiare. Anzi. sembra proprio che poche idee e ben confuse sia la condizione dei più.
Si inizia con il M5S che continua a supplicare Mattarella di accettare un incarico bis a tempo (dimenticando che il Presidente uscente ha già ripetutamente rifiutato questa ipotesi) e intanto da una parte, con il solito Toninelli, continua a proporre le “Quirinarie” e dall’altra con Conte, che nel frattempo ha rifiutato di concorrere anche alle elezioni suppletive (rinunciando così di fatto alla possibilità di essere un “grande elettore”), che cerca di sentire i capigruppo che intanto, in cuor loro si domandano (lecitamente) “quanto conti Conte” (citazione di Teresa Bellanova, IV, su La7 il 13 gennaio 2022).
Si prosegue con un centrosinistra che, dopo aver frammentato il contenitore politico ha dato vita a una moltitudine di partiti minori (dal PD, gravemente ridimensionato, a LEU e IV, ecc.). Frammentati come sono si sono di fatto condannati ad una quasi irrilevanza per cui c’è da ritenere che non possano proporre un nome unitario e che al massimo continueranno a ripetere di non volere “un nome divisivo” o “un leader di partito” (in ogni caso riferendosi al leader di Forza Italia.
Ma se Atene piange, Sparta non ride…
E così a destra abbiamo da una parte il leader di Forza Italia che si autocelebra con locandine che vorrebbero proporre retoricamente la domanda “Chi è come Berlusconi?”, e dall’altra gli alleati, Salvini e Meloni, che si dicono (quasi) convinti a sostenere la salita di Berlusconi al Colle.
Berlusconi, infatti (apparentemente) si autocandida alla prima carica dello Stato, ma intanto riceve il consiglio di chi, come il fidato Gianni Letta, gli consiglia di proporre piuttosto un altro nome per evitare che, qualora non riuscisse nell’impresa al primo colpo (il quarto scrutinio, il primo col quorum a 505), possa invece risultare eletto un altro candidato (verosimilmente superMario Draghi che, dalla candidatura di Berlusconi, potrebbe avere il booster di consensi raccogliendo quello di M5S e sinistre, quello di parte del gruppo misto e dei franchi tiratori di centrodestra) o comunque lasciare spazio per una nuova votazione in cui i voti convergerebbero probabilmente attorno al nome di Draghi lasciando di fatto poco spazio ad un eventuale nome di area centrodestra.
Il pensiero bipartisan
Riepilogando esiste un pensiero bipartisan e cioè comune agli esponenti sia di destra che di sinistra, almeno in apparenza: è l’idea per cui il 13° Presidente della Repubblica dovrebbe essere una personalità di alto profilo, uno che sia
- non divisivo,
- capace di rappresentare tutti gli italiani,
- e perciò stesso di attrarre voti da destra e da sinistra, ovvero sostenuto da una larga maggioranza.
Nient’altro?
Ma siamo onesti. Un pensiero bipartisan è solo un pensiero espresso perché da un capo all’altro dell’emiciclo si sa che sarebbe una cosa buona e giusta per il Paese, ma le stesse persone che pronunciano parole bipartisan sono quelle che non farebbero nulla che non sia utile alle proprie logiche di potere o di partito.
Così, ad esempio, Berlusconi indica questa persona “non divisiva, capace di rappresentare tutti gli italiani e sostenuto da una larga maggioranza (di scoiattoli)” in se stesso, dimenticando di quando si dovette dimettere da Presidente del Consiglio perché quell’indicatore della fiducia europea nelle politiche di un Paese membro che è lo spread era arrivato oltre i 600 punti base; e Enrico Letta (che chiede che il futuro presidente non sia un leader di partito) è già pronto ad indicare come una espressione di rigurgiti di neofascismo qualsiasi altro nome proposto dal centrodestra o comunque non proveniente dalla propria area politica o che non sia almeno iscritto all’A.N.P.I.
Un’occasione unica
Nella storia del bel Paese, l’elezione del 13° Presidente della Repubblica, costituisce un unicum: per la prima volta, i “grandi elettori” (quest’anno 1009) saranno prevalentemente, seppur di poco, di centrodestra. Per la prima volta, cioè, il centrodestra potrebbe esprimere un candidato per il Colle, e potrebbe riuscire ad eleggerlo se non si farà prendere dalle smanie di qualcuno e se non farà il più clamoroso degli autogol politici che la storia repubblicana ricordi.
La meta delle 505 preferenze, infatti, non è inarrivabile, ma questo vale sia per un candidato di centrodestra che per uno diverso. Per questo non si potranno commettere errori. Per questo, l’elezione del 13° Presidente della Repubblica Italiana costituirà un’occasione d’oro per sfatare un mito… o per confermarlo: i politici italiani hanno a cuore il bene del Paese o i propri obiettivi personali? Non ci vorrà molto a rispondere a questo quesito: basterà osservare, prima ancora dei risultati delle votazioni, le candidature per il palazzo del Quirinale.